Yugen: la via di intenerire dèi e demoni




Come descrivere un’emozione inesprimibile? Come parlare di un sentimento per il quale le parole non bastano, come quando si osserva il cielo al tramonto e si prova commozione senza saperne il perché? Secondo il poeta e saggista Kamo no Chomei (1155- 1216), la chiave e la possibilità di espressione di tale emozione stanno nel concetto giapponese di yūgen.

La parola yūgen, infatti, racchiude in sé il significato di mistero, grazia e profondità ineffabili, e deriva dal termine religioso cinese you xuàn. Tale parola si presume fosse utilizzata nell’antica Cina per riferirsi ad un mondo dopo la morte, e da qui si pensa essere nato il suo significato di “oscuro” e “misterioso”.

Trapiantato in Giappone, invece, il concetto di yūgen diventa fondamentale canone estetico del teatro nō di Zeami Motokiyo (assumendo la sfumatura di “grazia ineffabile”), e di alcuni poeti del periodo Kamakura Muromachi, quali il sopracitato Kamo no Chomei. Insieme con la diffusione del Buddhismo Tendai, quest’epoca si contraddistingue dal periodo Heian per la sempre maggiore ricerca di semplicità e profondità. Per questo motivo la presenza dello yūgen diviene tratto distintivo della poesia del periodo Kamakura.

Come riportato in alcune poesie raccolte da Mibu no Tadamine, si può notare come l’ideale estetico dello yūgen sia sovente legato al mondo naturale e alla sua bellezza, se non anche al sentimento amoroso non corrisposto, provato da una donna triste ma bella, che affronta tali emozioni in solitudine.

È proprio Chomei a portare come esempio l’immagine di un crepuscolo, senza colori né suoni, che nella sua semplicità ci porta a versare una lacrima, senza capire come o perché. Per il poeta lo yūgen sottende una sensazione profonda esperita da più sensi e la esprime con il minor numero possibile di parole. In tal modo si può raggiungere la capacità di smuovere il cielo e la terra, o la via di intenerire dei e demoni.

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Irene Canuto