La mia vita da sirena

Silvia, 19 anni, frequenta il liceo linguistico dove studia inglese, tedesco, spagnolo e… giapponese, la lingua che parla il suo cuore. Alta e sottile come un giunco, i capelli azzurri, l’incarnato lunare, la si direbbe capitata per sbaglio sulla Terra dalle lontane orbite di qualche mondo parallelo. Sarà forse per questo, per cercare di ritrovare le tracce di quel suo remoto paese natale, che già da diversi anni coltiva una passione irrefrenabile, il cosplay.

Silvia, come è nato l’innamoramento per il cosplay?
Inizialmente, per me cosplay significava essenzialmente Mermaid Melody. Da bambina, guardavo questo meraviglioso anime e sognavo di diventare una sirena. Quando ho capito che non sarebbe accaduto, ho fatto in modo di innescare la trasformazione con il costume.

Ma dove trovavi i costumi da sirena?
Me li creavo da me. Prendevo vecchi abiti, li tagliavo e, non sapendo cucire, spillavo i pezzi con la cucitrice. Poi, in prima media, mi sono fatta insegnare da mia madre il punto indietro e ho cominciato a cucire le stoffe. Confezionavo i costumi e poi li testavo in mare. Certo, allora lo facevo solo perché volevo essere una sirena, non conoscevo ancora il mondo del cosplay.

Oggi il repertorio dei tuoi costumi è molto più ampio.

Sì, la sirena rimane la mia passione più grande, ma creo anche modelli fantasy o original. Inoltre, con gli amici, faccio giochi di ruolo ispirati a manga e anime. Invece di giocare dietro allo schermo di un computer, ci troviamo e portiamo avanti l’azione dal vivo. Naturalmente con i costumi, le parrucche e il trucco richiesti dal personaggio.

Che ruolo gioca il cosplay nella tua vita?
Senz’altro un ruolo centrale. Potendo, vorrei fosse la mia occupazione principale. Non lo vivo però come una fuga dalla quotidianità (per evadere preferisco piuttosto scrivere racconti fantasy). Diciamo che mi piace sperimentare altre vite, altri modi di essere, altre personalità, anche molto lontane dalla mia. Tra i miei personaggi ci sono tsundere (n.d.r., ragazze arroganti e imbronciate, ma in fondo generose), yandere (n.d.r., ragazze apparentemente molto kawaii, ma capaci di trasformarsi in efferate assassine), kuudere (n.d.r., donne fredde e insensibili, che mostrano i loro veri sentimenti solo in rarissime circostanze). L’unica tipologia che mi manca è la dandere, la fanciulla timida e dolce. Qualche volta ho fatto anche crossplay, personaggi del sesso opposto.

Altre personalità, dici, ma non ci sarà in te un pizzico di ciascuna delle tue creazioni?
Oh, può essere! Uno dei miei personaggi più amati, per esempio, è Yuno Gasai, la psicopatica protagonista di Mirai nikki, un anime molto splatter. Io la riproduco com’è nella seconda metà dell’anime, quando diventa una serial killer conclamata. Devo dire che interpretarla è stato veramente liberatorio in certi periodi della mia vita. Questi personaggi funzionano come una valvola di sfogo, incanalano aggressività e rancori che a tutti capita di provare.

Oltre a questo, immagino che il cosplay abbia anche sviluppato la tua manualità.
Adesso molti costumi riesco a confezionarli da sola, anzi, le code di sirena, che sono la mia specialità assoluta, le realizzo anche su commissione per altre cosplayer. Anche in questo momento ho una decina di ordini da evadere…

Progetti per l’immediato futuro?
Senjogahara Hitagi, la liceale protagonista del Bakemonogatari: ho già la parrucca! Il 22 e 23 aprile, in occasione del Festival del Fumetto di Piacenza, canterò accompagnata da batteria e chitarra, prima e dopo il contest di cosplay.